Falerone
- I numerosi ritrovamenti archeologici e le
fonti antiche indicano come, già nel sec. VI a.C., la
popolazione di Falerone fosse nella storia e venisse considerata
popolazione "importante". Gente abile nella caccia al cinghiale, alla
selvaggina e nel lavoro dei campi; gente gelosa della sua autonomia e
con un forte senso dell'indipendenza.
Non a caso nel 269 a.C. gli uomini di queste terre presero le armi per
opporsi alla conquista romana. Lo stesso fecero nel 90 a.C.,
schierandosi con l'esercito italico guidato dal piceno Tito Lafrenio e
dagli ascolani Publio Ventilio e Gaio Vidacilio. I tre condottieri,
riuniti i loro soldati sulle alture di Falerone, sconfissero
clamorosamente Gneo Pompeo Strabone, costringendolo ad una ingloriosa
fuga a Fermo. A poco valse però quell'epica battaglia.
"Falerio Picenus", (l'attuale Piane di Falerone), nacque nel 29 a.C.,
quando Ottaviano decise di costruire una piccola città
capoluogo della centuriazione della media Valtenna dove stabilire una
colonia di suoi soldati veterani. La scelta non fu fatta a caso; le
terre erano fertilissime, acqua ve ne era in abbondanza; il fiume Tenna
era una discreta via di navigazione; Falerio nasceva dall'incrocio di
strade strategiche ed importanti. Ben presto la cittadella divenne un
centro importante, dotato di teatro e anfiteatro, di numerose ville
patrizie, di terme, di monumenti sepolcrali e di impianti idrici
all'avanguardia.
Al periodo di splendore seguì la decadenza. A portare morte
e rovina furono prima i Goti e poi i Longobardi. Questi ultimi,
trovando una decisa resistenza, effettuarono una feroce repressione e
strapparono ai vinti ogni diritto politico. La situazione
migliorò temporaneamente con l'avvento dei Franchi. Dopo
qualche anno di relativa tranquillità, furono quasi
sicuramente i Saraceni a costringere gli abitanti di Falerio Picenus ad
abbandonare la cittadina in seguito agli incidenti e ai delitti dei
predoni che avevano la loro base d'appoggio nel territorio compreso tra
Tivoli e Pescara. Gli scampati furono costretti a rifugiarsi sul colle
sovrastante il Tenna e la vita comunitaria riprese vigore.
Dall'anno Mille al Rinascimento, la storia del nuovo centro urbano si
identifica con quella dei vari signori che governarono Falerone, dal
conte Mainardo a Gilberto I, a Esmidone, a Ruggero detto Fallerone I, a
Baligano, a Fallerone II, via via fino a Pietro III e Fabrizio
Emiliano. Furono anni in cui Falerone poteva contare su possedimenti
molto estesi, da Montefortino a Caldarola, da Comunanza a
Grottazzolina, da Force a Massa Fermana. A Falerone apparteneva
l'attuale "Castel Manardo", ricco, nel suo versante verso Amandola, di
pascoli per le numerosi greggi, di boschi di castagno e faggio. Sul
finire del'700 Falerone conoscerà anche la dominazione
dell'esercito francese e il conseguente passaggio delle truppe a massa,
fiere avversarie dei "Giacobini", capitanate dal giovane generale De
Lahoz e dal brigadiere generale Clemente Navarra.
Nei secoli successivi la cittadina conobbe una buona fioritura
culturale, che si imperniò sulla solida tradizione agricola;
in seguito registrò la nascita e lo sviluppo della
lavorazione della paglia di grano per produrre cappelli.
- 1-Altidona
2-Amandola
3-Belmonte
Piceno 4-Campofilone
5-Falerone 6-Fermo 7-Francavilla
d'ete 8-Grottazzolina
9-Lapedona 10-Magliano
di Tenna 11-Massa
Fermana 12-Monsampietro
Morico 13-Montappone
14-Monte
Giberto 15-Monte
Rinaldo 16-Monte
San
Pietrangeli 17-Monte
Urano 18-Monte
Vidon
Combatte 19-Monte
Vidon Corrado 20-Montefalcone
Appennino 21-Montefortino
22-Montegiorgio 23-Montegranaro
24-Monteleone di
Fermo 25-Montelparo
26-Monterubbiano 27-Montottone
28-Moresco 29-Ortezzano
30-Pedaso 31-Petritoli
32-Ponzano di Fermo 33-Porto San Giorgio
34-Porto Sant'Elpidio 35-Rapagnano
36-Sant'Elpidio a
Mare 37-Santa
Vittoria in
Matenano 38-Servigliano
39-Smerillo 40-Torre
San Patrizio